Rho

Rho (Rò in dialetto milanese) è un comune di 50.491 abitanti della provincia di Milano.

È la quinta città più popolosa della provincia, la quindicesima della Lombardia, la centoquarantaseiesima d’Italia.

–  Geografia
Rho si trova 14 km a nord-ovest del centro di Milano; è bagnata a sud dal fiume Olona, ed è attraversata dai suoi affluenti Bozzente e Lura, oggi in parte interrati nel territorio comunale.

–  Storia –  Antichità
Rho è uno dei comuni più antichi della Lombardia e ciò è dimostrato dal fatto che durante gli scavi per la costruzione di edifici o strade sono venuti alla luce numerosi reperti archeologici relativi all’età romana (ritrovati durante gli scavi del 1876, 1890 e 1917). Negli anni successivi sono stati scoperti altri reperti che, sebbene di importanza minore, sono stati determinanti per dimostrare che fin dall’età imperiale romana, Rho ebbe un’importanza notevole.

Nella stessa organizzazione stradale attuale è rintracciabile un’organizzazione riconducibile alla centuriazione romana: la grande maggioranza delle strade scorre parallela in direzione Est-Ovest e Nord-Sud. Gli assi di riferimento sono il Cardo (Nord-Sud, via Madonna e via Garibaldi) e il Decumano (Est-Ovest, via Matteotti e via Porta Ronca) [1]. Questi si incrociano in piazza San Vittore, ancora oggi centro dell’insediamento.

Ulteriori ritrovamenti archeologici hanno confermato l’esistenza in epoca romana di una strada che congiungeva Milano e il Verbano, passando per Legnano e Gallarate. Lungo questo asse di comunicazione Rho rappresentava il decimo miglio, quindi il punto di sosta dell’esercito.

In base a rinvenimenti archeologici è stata anche datata fra il IV e il V secolo la completa cristianizzazione del borgo: in piazza San Vittore negli anni sono venuti alla luce un antico cimitero e una cappella cristiana. Dello stesso periodo sono i reperti trovati in via Belvedere: tombe cappuccine con incise l’alfa e l’omega.

–  Medioevo
Con le invasioni barbariche nella zona si realizza una profonda depressione economica e il dominio passa di mano in mano fino ai Longobardi e quindi ai Franchi. Sotto i Longobardi il borgo assume nella sua topografia una terminologia tuttora rintracciabile, a partire dal Pomero, che deriva da Post Moerus, ossia fuori dalle mura fortificate. L’origine di questo termine però non è riconosciuta universalmente: alcuni attribuiscono il nome alla presenza nei secoli scorsi di numerosi alberi di mele. Il termine Fare invece è riscontrabile oggi nella periferica Cascina Fara.
Sempre nel periodo di dominazione longobarda viene attribuito alla futura Rho l’appellativo di Curtis (corte), una particolare forma di organizzazione della società nel periodo del feudalesimo.

Un atto di permuta, rogato il 9 gennaio 864 dal notaio Agatone, cita per la prima volta il nome della cittadina chiamandola Vico Rhaudo, ed accenna ad una chiesa di S.Ambrogio e ad un rozzo castello ivi esistenti. Ancora nell’871 due pergamene ne riportano il nome.

Intorno all’anno 1000 Rho inizia a rivendicare la sua libertà come comune, cercando di liberarsi dall’influenza dei nobili della zona. Nel 1004 l’imperatore Enrico II, dopo aver vinto i longobardi di Arduino e fattosi incoronare Re d’Italia a Pavia (14 maggio), staziona a Rho, dove firma alcuni documenti “decisi” in Rodo o in campo qui dicitur Raudo, ricambia l’ospitalità concedendole il titolo di borgo e capopieve, staccandola da Nerviano, e provvede all’istituzione di un mercato settimanale. Il mercato si tiene tuttora ogni lunedì. A Rho viene istituita anche una Corte di Giustizia e realizzato un canale (riale) per l’irrigazione dei campi usando l’acqua dell’Olona [2].

Risale all’XI secolo anche la figura semileggendaria di Giovanni da Raude, detto anche Giovanni della Croce, vessillifero dell’esercito crociato durante la Prima Crociata; fu lui che il 15 luglio 1099, data della presa di Gerusalemme, issò sulle mura della Città Santa la bandiera dei cristiani.

Nel maggio 1160, durante l’assedio di Milano, Federico Barbarossa fece distruggere Rho, che venne però rapidamente ricostruita. Tra il 1130 e il 1215 ben nove consoli rhodensi sono attestati nello Stato milanese, e alcuni di essi appartengono alla famiglia dei Capitanei de Raude documentata ufficialmente come residente in città dal 1196.

Come confermato da un documento conservato presso l’Archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano, intorno al 1300 venne edificato il primo ospedale di Rho; i suoi beni furono poi in seguito acquistati dai frati Agostiniani del luogo Pio di Santa Maria del Pasquerio di Rho, nel 1481.

Nel 1305 il nobile Cressone Crivelli tentò con i suoi soldati di impadronirsi di Rho e Nerviano, ma fu sconfitto e respinto dalla reazione popolare. Otto anni più tardi il borgo fu comunque conquistato da Milano, che uccise o imprigionò quasi tutti gli abitanti.

Grazie all’abbondanza di acqua e di terre feritili nel XV secolo molti nobili milanesi si trasferirono a Rho, costruendo sontuosi palazzi, in gran parte oggi distrutti. La nobile frequentazione è tale che era stata costituita una Universitas nobilium dicti loci de Raude. Fra il Cinquecento ed il Seicento furono costruiti anche due conventi: degli Agostiniani e dei Cappuccini (sulla strada che conduce a Lucernate), entrambi distrutti nell’invasione napoleonica.

–  Epoca moderna
Nel 1511 i Lanzichenecchi discesero in Italia, comandati da Matteo Schinner e saccheggiarono Rho [2]. Giunse poi la dominazione spagnola e nel 1539 Carlo V di Spagna concesse il feudo ai Visconti. Nel 1570 nella popolazione fiaccata dall’oppressione spagnola si sparse un’epidemia di peste.

Il 24 aprile 1583 un quadro raffigurante la Pietà pianse lacrime di sangue, avvenimento successivamente riconosciuto dalla Chiesa cattolica come miracoloso. Sul luogo della cappella dove era conservato il quadro venne edificato il Santuario dell’Addolorata, alla cui realizzazione collaborarono numerosi illustri artisti dell’epoca.

Nel Seicento la peste colpì ancora il Milanese e nel 1663 i rhodensi eressero nell’attuale piazza San Vittore la Croce della peste, spostata di fianco alla chiesa parrocchiale nel 1928 e riportata al luogo originario settant’anni più tardi.

Nel 1928 un Regio Decreto assegnò a Rho la frazione di Passirana Milanese, in precedenza facente parte del borgo di Lainate e nel 1932 Rho ottenne il titolo di città.

Il 10 ottobre 1956 nella frazione di Terrazzano due balordi sequestrarono un centinaio di alunni e tre maestre della locale scuola elementare. Durante il blitz della polizia, avvenuto sei ore dopo, morì sotto i colpi degli stessi agenti il civile Sante Zennaro che aveva raggiunto il luogo tentando eroicamente di salvare i bambini.

All’inizio del XXI secolo, in un’area per nove decimi all’interno del territorio rhodense e per il resto in quello Pero, è stato edificato il nuovo polo espositivo della Fiera di Milano. Inaugurato nel 2005, il complesso progettato dall’architetto Massimiliano Fuksas è costituito da otto padiglioni che mettono a disposizione un totale di 345.000 metri quadrati lordi espositivi coperti e sessantamila all’aperto. In quest’area e in una adiacente si svolgerà la manifestazione Expo 2015.

–  Origine del nome
L’origine del nome Rho è piuttosto controversa e sono numerose le ipotesi al riguardo.

Nei suoi Commentari sulle famiglie milanesi Raffaele Fagnani ipotizza l’esistenza di una casata Rhaudense, originaria dell’isola di Rodi [3]; quest’ipotesi è oggi però valutata come ben poco verosimile.

Altre fonti fanno provenire il nome da Campi Raudi, il luogo dove il console Mario sconfisse i Cimbri; tale toponimo deriverebbe a sua volta dal toponimo celtico rhaudes, che significa “campo”, oppure raud o rod, che significa “fiume” (si confronti, ad esempio, con i nomi di Roddi e Roddino in provincia di Cuneo).

Un’altra possibile derivazione etimologica potrebbe essere il termine longobardo rode, che indicava una terra di confine (si confrontino ad esempio i vicini comuni di Rovellasca e di Rovello Porro); o ancora dalla parola latina raudum derivante dalla rem rudem et imperfecta, con il significato di “cosa rude ed imperfetta” e che probabilmente indicava un rozzo castello o un’antica casa cantoniera, a difesa della via per il Verbano (l’attuale Sempione), dato che Rho dista dieci miglia da Milano.

In un documento risalente all’anno 846, il primo in cui si parla di Rho, è citato come “Vico Raudo” un gruppo di abitazioni circondate da terre coltivate. In altri documenti il borgo di Rho è citato con nomi diversi: Rhode, Rodo, Raude, Raudo, Rhaudum, ed intorno al XVI secolo Rò, Rhò e Rho. Nella carta geografica in una delle sale dei Musei Vaticani è chiamata Roxe. L’attuale denominazione di Rho, che ufficializza la presenza della lettera “h” in mezzo al nome, risale al 1932.

–  Lo stemma
L’effigie cittadina è la ruota con cinque raggi, araldo della famiglia dei Capitanei de Raude, casata discendente dai Duchi di Sassonia e di Baviera [4]. I cinque raggi sono un richiamo ai cinque imperatori: Enrico I, Ottone I, Ottone II, Ottone III ed Enrico II. In araldica la ruota indica fortuna o vittoria, rifacendosi ad un detto latino: “la ruota potente schiaccia tutto ciò che è opposto”.

Nell’antichissima Basilica di Aquileia esiste una cappella detta dei Torriani nella quale, fra due sarcofaghi, è posta una lastra tombale con incisa l’effigie di Allegranza da Rho (XIV secolo), moglie di Moscone della Torre e madre del patriarca Gastone, sepolto nel chiostro di Santa Caterina a Firenze. Sulla stessa lastra è pure inciso lo stemma di Rho, raffigurato da uno scudo con una ruota nel mezzo.

–  Luoghi d’interesse –  Il Santuario dell’Addolorata
La città di Rho vanta nel suo territorio alcuni edifici di interesse storico. Il più importante è il Santuario dell’Addolorata, uno dei maggiori santuari mariani della Lombardia, costruito dopo un miracolo riconosciuto dalla Chiesa cattolica, avvenuto il 24 aprile 1583, quando un’effigie della Madonna ha versato lacrime di sangue. A fianco del Santuario sorge il Collegio dei Padri Oblati, opera di Giorgio Martinelli, dove hanno studiato numerose eminenti figure ecclesiastiche, fra cui anche Papa Paolo VI.

La prima pietra del Santuario fu collocata da San Carlo Borromeo il 7 marzo 1584, la consacrazione venne fatta dal Cardinale Pozzobonelli il 3 aprile 1755. Il disegno è del celebre architetto Pellegrino Tibaldi, il Campanile del Galliori che ne modificò il progetto originale, la facciata del Pollack. All’interno si possono ammirare tele ed affreschi di Camillo Procaccini (Bologna 1551 ca.- Milano 1625), dei Fiammenghini, del Morazzone, e di Raffele Casnedi da Runo, frazione di Dumenza.

–  Basilica di San Vittore
Un altro luogo di particolare interesse è la Chiesa di San Vittore, il cui ingresso è nella centrale ed omonima piazza. È intitolata al martire del IV secolo San Vittore il Moro e sorge sull’area dell’antica chiesa dedicata al medesimo santo, risalente all’VIII secolo.

A differenza dell’attuale edificio di culto però, l’antica prepositurale aveva orientamento opposto: l’ingresso era ad ovest e dava sull’odierna Piazza Visconti, ove vi era un’area cimiteriale [5]. Venne restaurata nel 1596, ma rimase comunque un piccolo tempio lungo 18 metri e largo 12 metri e nel XIX secolo appariva talmente degradata, che si decise un nuovo restauro con relativo ampliamento sul terreno antistante dedicato alle sepolture. All’avvento dei lavori però si prepose per l’abbattimento con successiva ricostruzione, questa volta con facciata rivolta ad est.

L’odierno Tempio solenne in stile neo-classico fu eretto a partire dal 14 settembre 1834, su disegni degli architetti Besia ed Aluisetti. Il primo progetto segnava due torri campanarie alte circa 34 metri, ma nel 1889 si riscontrarono dei problemi di stabilità e si decise di abbattere quella di sinistra, mantenendo solamente quella a destra, che fu a sua volta proseguita dal Perucchetti fino a raggiungere l’altezza di 58,40 metri. Il Pronao fu eretto, col semplice e severo altare, dall’arch. milanese Giacomo Moraglia nel 1852; i dipinti sono stati eseguiti dal prof. Beghè di Milano, sotto la direzione del Prof. Don Moioli; le sedici vetrate sono opera del prof. Cisterna di Roma, con l’esecuzione del pittore Giulio Cesare Giuliani, altre sono del Prof. Tevarotto di Milano. Alcuni quadri provengono dalla scuola del Luini; molte opere sono del Prof. Bosoni (S.Teresa del Bambin Gesù. Via Crucis). La costruzione della Chiesa come oggi compare, fu terminata in data 18 ottobre 1847.

Nella medesima piazza si trova anche la Croce della peste. Questa era inizialmente posta all’incrocio del quadrivio, ma fu spostata accanto alla Chiesa nel 1927, per problemi legati al traffico. Nel ricomporre la croce e nel rizzarla si rinvenne una teca arrugginita, nella quale c’era un foglietto semplice accompagnato da 11 Reliquie chiuse in plichi di carta, suggellati da un cero Pasquale, quale autentica. Mons. Giuseppe Benetti narra che su tal foglio si leggeva: “Questa Croce fu eretta dal Padre Pietro Paolo Castelli da Milano, guardiano dei cappuccini di Rho, le reliquie ve l’ha donate lui stesso con propria mano il dì di S.Ambrogio 1663 con festa ed ha istituito la Compagnia della Croce”.

–  Altre chiese scomparse
Secondo alcuni documenti medievali, risulta che nei territori intorno all’attuale via Meda, vi sorgesse fin dal IX secolo una chiesa dedicata a Sant’Ambrogio, ma dato che in realtà non viene menzionato un vero e proprio edificio, si potrebbe pensare essi si riferissero semplicemente ad alcuni poderi o beni di proprietà della Basilica di Sant’Ambrogio in Milano.

Nei pressi dell’attuale piazza San Vittore, esisteva già prima del XIV secolo una cappella dedicata a San Pietro, demolita probabilmente nel 1577. Ancora nella stessa area risalente al ‘500 era un Battistero di San Giovanni, considerato un’appendice della Basilica di San Vittore e scomparso nel 1843 con la demolizione della stessa, causa ricostruzione. Di nuovo antecedente allo stesso secolo e sempre nelle prossime vicinanze, vi era una Chiesa di Santa Maria in Castello, denominazione che dà sostegno alla tesi dell’esistenza di un edificio fortificato medievale nel centro cittadino; essa rimase di proprietà Ghisolfi fino al XVII secolo, dopo il quale non si hanno più tracce.

Sempre nel corso del 1500, sorgeva nei pressi dell’Olona, la Chiesa di San Martino: nel 1565 il Prevosto Giuli però afferma che essa non fu mai consacrata e nemmeno vennero mai svolte funzioni religiose, dunque dato che era posta al di fuori del borgo, poteva essere utilizzata come lazzaretto; fu demolita nel XIX secolo.

In contrada Pasqué sorgevano la Chiesa di Santa Maria Assunta in Pasqué e l’adiacente convento dei frati agostiniani, di cui alcune tracce sono rimaste in largo Marconi. Una leggenda popolare narra che nel convento fu ospitato Martin Lutero, di passaggio per Roma.

–  L’Ospedale di Circolo ed il Monumento ai caduti
L’Ospedale di Circolo – Monumento ai caduti nacque per la beneficenza di numerosi cittadini che donarono somme anche notevoli per costruire un monumento ai Caduti della Grande Guerra ma, raccolta una cifra piuttosto consistente, si decise di costruire un ospedale affinché la sofferenza della guerra portasse a migliori condizioni di vita. Tra i donatori si ricordino Benedetto Banfi, Giulio Tavecchia, Giuseppe Citterio, Paolo Goglio, Virginia Bullani. Il 7 ottobre 1923 venne posta la prima pietra e l’inaugurazione ebbe luogo il 28 ottobre 1929.

–  Il Municipio
Dietro la chiesa si erge il Municipio, nato come Palazzo Podestarile costruito all’inizio del XX secolo sul modello dei palazzi medievali. Il progetto è dell’Ing. Silvio Giuliani. Vi si conservano diversi dipinti, raffiguranti: San Gervaso, San Protaso, Sant’Ambrogio ed altri, nonché le Quattro Glorie di Mauro della Rovere detto Il Fiamminghino(1640) e quattro bei putti di Daniele Crespi (1590-1639) tutti provenienti dalla demolita chiesa di San Gervaso e Protaso di Milano. Nella Sala d’arte si trovano pure alcuni cimeli preziosi del defunto cittadino onorario cardinale Eugenio Tosi, arcivescovo di Milano, già appartenente alla congregazione degli Oblati di Rho.
–  Altri edifici e monumenti notevoli

La Fontana della stazione
La Fontana della Stazione in marmo di Verona è un dono del Podestà Comm. Eraldo Bonecchi

Le ville nobiliari
Poco rimane delle antiche ville di campagna dei nobili milanesi; quella più importante e meglio conservata è Villa Burba, che dopo un restauro lungo e costoso oggi ospita una biblioteca e l’archivio delle memorie rhodensi, mentre il parco è giardino pubblico.

La Mummia di Rho
Nel cimitero è conservata una mummia che è ritenuta essere il corpo dell’Arcivescovo Leone da Perego, francescano, quivi trasportato da S.Carlo, perché gli veniva tributato un culto non permesso dalla Chiesa. Per numerosi anni questa mummia è stata considerata una delle attrazioni principali della cittadina.

Archeologia industriale
Alle architetture fin qui descritte si aggiungono numerosi edifici di archeologia industriale, come la Chimica Bianchi, in parte ancora presente, e il cotonificio Muggiani, recentemente ristrutturato, che è un esempio unico degli opifici inizio secolo. Ancora in centro , sul corso Europa alle spalle del Santuario, un edificio ricoperto da edere e altre rampicanti, rappresenta la Citterio, azienda produttrice di salumi.

–  Cultura e folklore –  Palio di Rho
Dal 1996, tutti gli anni in ottobre si svolge il Palio di Rho, manifestazione nata in ricordo della vita medievale rhodense e della figura di Giovanni da Raude, che nel 1099 fu il primo crociato a varcare le mura di Gerusalemme; l’evento è organizzato dalla Famiglia Rhodense, associazione sorta nel 1988, per promuovere e diffondere il patrimonio culturale e le tradizioni della cittadina lombarda [6].

Al Palio partecipano 10 contrade, di cui tre sono frazioni, ciascuna con un proprio simbolo: San Vittore (ruota), Cappuccini (sajo), Madonna dei Miracoli (Madonna), Pomero (grifone), Cantun Giò (castello), Porta Ronca (roncola), Pasqué (pantera), Ghisolfa (rana), Mazzo (leone rampante) e Terrazzano (San Maurizio). Viene preceduto da una serie di iniziative, tra le quali la principale è la sfilata in costumi medievali, che si snoda lungo le vie del centro storico fino a Piazza Visconti, “campo di battaglia” tra le varie fazioni. Tra i vari giochi di abilità, tutti in costumi d’epoca, spiccano la giostra dei cavalieri e l’arrampicata sull’albero della cuccagna, ultima sfida prima della proclamazione dei vincitori.

–  Piatti tipici
Nella gastronomia della cucina rhodense sono da annoverare i seguenti:

* Anatra alla pesca o alla persico, dal nome dialettale del frutto (persicu), ricordata anche dal poeta locale Averardo Buschi;
* Paiada, polenta con verza;
* Zuppa del lupo, pane bianco in vino rosso e zucchero;
* Stufato con patate;
* Pancotto, pane cotto in una pentola con burro, sale ed una grattugiata di formaggio;
* Carsensa, impasto di farine (gialla, di frumento e di segale) e frutti (uva, fichi o mele);
* Polenta con burro e formaggio;
* Torta del Corpus Domini, dolce della tradizione “povera”, con una base di pane raffermo, arricchito da latte, caffè, cacao e pinoli.

–  L’economia rhodense
Lo stabilimento Muggiani

Rho spicca nella regione per esser stata una delle città a rappresentare meglio la rivoluzione industriale lombarda. Numerosi sono state le industrie e fabbriche di grandi dimensioni fondate nel territorio rhodense; alcune sono ancora funzionanti, altre sono ormai dismesse e alcune di queste sono riconosciute come monumenti di Archeologia industriale.

La popolazione di Rho, fino alla fine del ‘800 era assorbita completamente dall’agricoltura che dava lavoro all’80% della popolazione. I primi cambiamenti si ebbero nel 1870 quando la prima grande industria sorse nel rhodense: il Sacchettificio Goglio. Posto di fronte al Santuario, il sacchettificio aprì i battenti con 45 dipendenti per poi arrivare ad averne 500. Nel secondo dopoguerra fallì e gli edifici furono smantellati. Oggi a suo ricordo rimane una via dedicata al suo fondatore: Paolo Goglio.
La sede della Citterio

Proprio di fronte al sacchettificio nel 1878 iniziò la sua attività il Salumificio Citterio. Famoso a livello locale, nel 1932 cominciò l’esportazione, affermandosi come uno dei leader nazionali nella produzione di salumi e oggi è ancora in attività. Nonostante si sia incredibilmente esteso è ancora possibile vedere il primo edificio storico, oggi completamente ricoperto di edera. La facciata spesso appare nelle pubblicità televisive.

Nel 1904 apre i battenti il Cotonificio Muggiani, una delle più importanti realtà della filatura di cotone lombarda, che arrivò a dar lavoro a 1200 operai. Nel 1910 il cotonificio fu assorbito dalla società Unione Manifatture che possedeva diversi opifici. I numerosi macchinari furono spenti nel 1963. L’edificio principale della filatura è stato recentemente ristrutturato ed è un monumento di archeologia industriale.

Nel 1905 venne fondata la Tintoria Bonecchi, che raggiunse un notevole sviluppo nel 1932 con macchinari moderni ed efficienti per l’epoca. Aprì uno stabilimento anche in Bulgaria, risultando una delle prime aziende ad esternalizzare in Paesi a basso costo della manodopera. Sempre nell’ambito della manifattura un importante sviluppo lo diede la Chatillon, una grande fabbrica posta dietro la stazione che produceva seta artificiale. La struttura è stata recentemente demolita.

Nella prima decade del 1900 aprono i battenti le industrie chimiche come la Italica e la Chimica Bianchi. Della prima sono ancora visibili l’acquedotto e una parte degli edifici storici, essendo tuttora funzionante. È stata invece recentemente demolita del tutto la Chimica Bianchi che dal 1907 produceva coloranti organici e sintetici, per essere poi assorbita dalla Montedison. La Bianchi è ricordata tristemente per le molte morti dovute alla mancanza di misure di sicurezza nella manipolazione di prodotti chimici, come l’amianto. Oggi nell’area che ospitava l’industria sono sorte decine di capannoni che ospitano il quartiere artigianale rhodense.

Nel 1907 nasce la Ditta Ing. V. Fachini, ben nota in tutta Italia per la perfezione delle sue costruzioni meccaniche ed elettromeccaniche. Ancora oggi vi si costruiscono riduttori e motoriduttori. Nel 1910 il signor Edoardo Goglio e il signor Bonecchi decisero di fondare la Bogophane. Nel 1932 raggiunse la massima produzione con circa 70 operai. Nel 1971 venne chiusa dal momento che aveva scarichi altamente tossici. In seguito la produzione è ripresa e l’azienda realizza cellophane.

Nel 1948 la società Condor inizia la costruzione della Raffineria di Rho che apre i battenti nel 1953 raffinando il greggio che arrivava da Genova via oleodotto. La proprietà passò alla Shell nel 1959 e all’Agip nel 1974. Negli anni ’80 la necessità di mordenizzare alcune strutture e le sempre più pressanti accuse di inquinamento spinsero alla chiusura della raffineria, che si formalizza nel 1992.
Agli inizi del XXI secolo la struttura industriale viene smantellata e bonificata e nel 2004, esattamente 1000 anni dopo che Enrico II istituì il mercato, il 31 marzo 2004, viene inaugurato il Nuovo Polo fieristico di Milano, il più grande al mondo, per 10/11 sul territorio rhodense.

Offerta prenotazione Hotel lastminute

Offerta prenotazione Hotel lastminute

Guida tratta da Wikipedia

 

Rhoultima modifica: 2010-03-06T15:57:00+01:00da daytube
Reposta per primo quest’articolo